l’importanza della preparazione

Da bambini, in genere, è la parte che meno si apprezza… oh no, il riscaldamento.

Adesso invece…

Questo mese mi sono lasciata ispirare da un argomento che mi sta particolarmente a cuore: la fase della preparazione fisica (o riscaldamento). Credo di averne capito a fondo l’importanza solo negli ultimi anni. Da bambini, in genere, è la parte che meno si apprezza… oh no, il riscaldamento. Adesso invece, ammetto che è diventato essenziale e immancabile in ogni mio allenamento, e lo sento davvero come un momento in cui mi concentro e mi preparo (fisicamente e mentalmente) a ciò che andrò a fare dopo… soprattutto nella fase di il lavoro di mobilità e di condizionamento.

Per chi se lo stesse chiedendo, per “condizionamento” (conditioning) intendo la fase del riscaldamento in cui si va a “mimare” il movimento che si andrà a fare (ad esempio un salto, o una posa o una sequenza dinamica sul tessuto o sul bungee, o una serie di calci) ma in maniera controllata e con poco carico (quindi magari da terra o molto lentamente, o con le gambe piegate etc), in modo da riscaldare il corpo in maniera specifica su quel movimento e su quelle fasce muscolari/articolazioni/tendini.

Non fraintendete, tutto il riscaldamento è importante, ed il condizionamento è solamente una parte di esso. Può avvenire, ad esempio, dopo un adeguato riscaldamento generale di tutto il corpo (letteralmente si va ad aumentare la temperatura corporea), con un classico circuito oppure con una corsa. A lezione, di solito, parto con una corsetta (delle volte una mini coreografia semplice, in stile “zumba fitness” o aerobica unicamente anni 80), per poi passare al potenziamento, mobilità/flessibilità attiva ed infine al condizionamento a seconda del movimento (o dei movimenti) che andremo a vedere quella sera: complessivamente, ci dedico davvero tanto tempo. Stretching (quindi flessibilità passiva) unicamente alla fine per quanto mi riguarda (ma non si scampa). Ho trovato anche nella mia routine personale, che questa struttura sia molto buona per portare a casa un allenamento efficace e possibilmente senza infortuni.
Eh sì. Il riscaldamento previene gli infortuni… e non sono solo io a dirlo… che meraviglia la scienza.

Riporto uno studio del 2005, per portarvi un po’ di evidenza scientifica (nella speranza che inizi a piacere anche a voi questa parte dell’allenamento…), in cui sono stati messi a confronto il numero e la tipologia di infortuni al tendine posteriore del ginocchio di atleti professionisti di Football americano in due stagioni consecutive di campionato.

La prima stagione si considera il controllo (quindi viene svolto un allenamento di routine, senza apportare differenze), e la seconda si considera il “trattamento”: agli atleti è stata fatta eseguire una routine specifica di riscaldamento per la fascia muscolare-tendinea sollecitata maggiormente. È stato osservato che da 31 partite non giocate a causa di infortunio al tendine, le partite non giocate si sono ridotte a 5. È un rapporto pazzesco non trovate? Sembra che anche lo stress sul tendine sia diminuito (questo è stato verificato tramite test specifici per verificare l’integrità dei tendini).

Tenuto conto che si tratta di uno studio molto controllato e svolto su atleti professionisti (e anche gli articoli scientifici non andrebbero mai generalizzati) sono comunque dei risultati sorprendenti.

Le conclusioni dell’articolo sono che un appropriato riscaldamento, specifico e mirato verso il movimento e la porzione del corpo utilizzata per svolgerlo, risulta in una riduzione statisticamente significativa degli infortuni registrati per quella specifica fascia muscolare/tendinea. Si tratta di un momento cruciale dell’allenamento, e questo vale per tutti gli sport… anche i nostri!

Detto ciò, ora non ci sono più scuse: il riscaldamento non si può proprio saltare. Però, vi garantiamo che migliora tantissimo se trovate la playlist giusta (rigorosamente trash)

EM – Mixirica 

 

Verrall, Geoffrey M., John P. Slavotinek, and P. G. Barnes. “The effect of sports specific training on reducing the incidence of hamstring injuries in professional Australian Rules football players.” British journal of sports medicine 39.6 (2005): 363-368.

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